Massimo:”Guardando i bozzetti delle incisioni ispirate all’ Opera eroicomica di Alessandro Tassoni la Secchia Rapita mi è tornato in mente quando mi hai descritto il progetto per la prima volta. A un certo punto avevo avuto l’impressione che nel tuo racconto della genesi dell’opera fosse celato un dialogo segreto. Non credo si trattasse della manifestazione di incertezze ancora irrisolte, ma era qualcosa legato ad un doppio punto di vista, quasi come se un’altra persona fosse implicata nell’elaborazione. Pensi che esista una duplicità nel tuo lavoro?”
sara:” Il corpo come linguaggio può risolvere e rispondere all’enigma (l’opera dell’operante).
I due punti di vista esistono, è vero, e a volte ne siamo piacevolmente sorprese tanto quanto nel sentirci comprese dall’altro.
Sicuramente nel parlarti di questo progetto in particolare avrai percepito la mi atttenzione nel dare corpo alla secchia come donna che narra e che fotografa momenti di lotta e di amore contesa tra uno e l’altro.”
Massimo:”Quindi non sono solo punti di vista, ma quasi due personalità che convivono. In questa dialettica prevale il conflitto o la logica della compensazione? Come si armonizza questo rapporto?”
Sara: “Sono le due braccia di uno stesso corpo che si creano a vicenda. Mi accorgo che l’una crea l’altra, quindi la mente di una trasforma l’altra e viceversa. Ed è per questo che è difficile identificarle.”
Massimo:”Ho apprezzato la soluzione formale che hai ideato: inscrivere le scene in un cerchio alludendo a un’ipotetica soggettiva della Secchia. In questo modo noi osservatori a nostra volta ci troviamo “rapiti” all’interno del racconto, quasi immaginando il movimento turbinoso subito da quest’oggetto speciale. C’è anche l’idea vagamente classicheggiante di una collezione di medaglie aggiornata alla nostra sensibilità. Infatti la freschezza del tuo segno sembra restituirci un seicento rivisitato dalla cultura pop, un’epopea sognante e leggiadra osservata attraverso un occhio che direi legato alla fotografia di moda. Basti vedere le posture, i dettagli. Se nell’estetica barocca dinamismo, meraviglia e seduzione erano elementi centrali, tu hai lavorato su quello spirito attraverso i nostri clichè, senza enfatizzarli negativamente. Certi modelli di bellezza o di azione sono semplicemente modi di vedere della contemporaneità. Leggo un desiderio di abbandonarsi al puro piacere del racconto. Ecco, in questa elaborazione quale punto di vista ha avuto la meglio sull’altro?”
Sara:”La Secchia mi ha dato la possibilità di vivermi personalmente un’avventura veramente fuori dai nostri tempi. Ho provato a vivere sulla mia pelle questa Secchia, che altro non è che un contenitore che porta acqua su e giù da un pozzo ma che nutre vite assetate. Il suo ruolo mi piace, silenzioso e accorto quanto l’amore. La scelta espressiva è stata quindi quella di dare forma a una raccolta di immagini prese dalla memoria dell’epoca. Per questo ho spontaneamente scelto l’incisione e la punta secca che crea solchi su una materia concreta e duratura, e da qui la presenza delle matrici in mostra come opera a se stante. Adoro le matrici e il loro odore, le trovo bellissime, specialmente dopo essere passate sotto torchio per riprodurne il segno. L’operazione contemporanea è legata al segno e alla lettura implicitamente legata ma assolutamente libera e parallela. Si tratta veramente di scatti fotografici della memoria di una secchia contesa.
Ed e’ certo che questo sguardo nel suo atteggiamento clinico e critico potra’ ritrovare nel tempo lo stesso tipo di sentimento, quello del rapimento.”
Massimo:”Forse è proprio perché sono parti difficilmente distinguibili che una volta mi hai detto che ti piacerebbe celebrare un matrimonio con te stessa. E’ un’immagine che vuoi tenere per te o si tratta di un progetto di performance? In questo caso come la realizzeresti?”
Sara:“Decisamente, e sto lavorando per la celebrazione di questo evento. Penso che si svolgerà in una spiaggia, o magari in una galleria con una spiaggia all’interno. Vorrei celebrare questo momento non solo per l’amore che unisce queste due mie parti, ma anche perché vorrei lasciare una testimonianza nella documentazione dell’arte dove l’Artista dona all’Arte la sua vita come scelta unica e indiscutibile. Non fraintendermi, questo “matrimonio” non significa che non ho spazio per una relazione con l’altro da me, anzi. È semplicemente una riflessione sul matrimonio, sulle illusioni e sul gioco della perfezione del cerchio. Non vorrei svelare troppo di questo prossimo momento, ma la performance sarà sicuramente la sposa, elemento che riprenderò da un lavoro che tra l’altro mi era servito per la tesi di laurea, quando mi vestii da sposa durante la discussione. Questa performance poi ha avuto uno sviluppo nel 2007 con “The shadow of a dreamer” dove l’ombra prende forma come parte attiva e artista in primo luogo. Chissà, forse ci sarà l’incontro dell’ombra con la sposa in un momento di assoluta assenza di un punto di luce e di vista. Questo lavoro vorrei fosse il risultato di una mia personale ricerca sulla performance nell’arte contemporanea. Ho sempre nutrito grande interesse per artisti come Rebecca Horn, Marina Abramovic e Matthew Barney, sono figure che mi hanno spinto a vivere l’arte con una partecipazione quasi assoluta. Live Art è un termine che ricorda che l’artista è nel presente ed è sempre portatore di arte. Confesso che ho sempre desiderato avere un compagno che partecipasse alla mia creazione artistica come Marina con Ulay o Gilbert and George, and now I decide it to create this immaginary on my own.
La scelta della live art mi porta a condividere anche quello che credo sia un modo e un momento felice di rappresentazione di una unione. Sicuro ci sarò… e chissà, forse ci sarà anche un pubblico che vorrà partecipare e dopo di me firmare l’atto di unione.”
Massimo Marchetti